Tasse, il Fisco perde con la parrucchiera
Studi di settore, redditi incongrui: era sotto accertamento. Ma la commissione ha accoltoil suo ricorso: è crisi, non evasione
TREVISO. Parrucchiera trevigiana strappa una vittoria al Fisco. Malata, con una perdita di bilancio e gli affari che scarseggiavano, era stata messa sotto la lente da parte degli ispettori dell'Agenzia delle Entrate, allarmati dall'incongruenza dei guadagni derivanti dalla sua attività rispetto agli studi di settore, strumenti utilizzati per scovare gli evasori. Da lì era scattato l'accertamento, portato poi davanti alla Commissione tributaria provinciale che le ha dato ragione. Un caso che, secondo molti artigiani stretti nella morsa della crisi, rende merito ai giudici trevigiani, capaci di confutare la verità al di là dei freddi indici degli studi di settore.
Spesso, infatti, è tutt'altro che facile argomentare le proprie ragioni in caso di accertamento e, visti i tempi lunghi, si preferisce porre rimedio pagando quanto richiesto. La tenace signora ha messo invece da parte le forbici prendendo carta e penna, facendo così valere la sua posizione nonostante la contestazione, alla quale scatta notoriamente il recupero delle somme presumibilmente evase e relative sanzioni. La sentenza emessa dalla commissione tributaria di Treviso depositata il 31 gennaio con presidente Mascolo e relatore Fadel dice in pratica che essere in perdita non significa per forza evadere. Concetto tanto più vero quanta più crisi c'è in giro. La decisione sull'accertamento in questione apre infatti una breccia su una prassi che vede l'amministrazione sottoporre a controllo praticamente tutte le attività in perdita. L'accertamento contestava in pratica alla parrucchiera sia l'esiguità dei ricavi dichiarati rispetto agli studi di settore, sia le ore lavorate, con la titolare che percepiva oltreatutto uno stipendio più basso rispetto a quello dei dipendenti.
Una situazione che una volta passata attraverso il cervellone elettronico dell'Agenzia ha fatto scattare la spia e il relativo controllo. Il ricorso è poi arrivato in Commissione, dove la difesa ha certificato i problemi di salute della donna, presentati ma a quanto sembra non presi in considerazione dall'ufficio competente. La malattia e la crisi avevano poi portato il reddito di impresa sotto al livello delle retribuzioni degli stessi dipendenti. Tutti avvenimenti presi invece in debita considerazione dalla Cpt, che ha compreso come in caso di crisi o malattia, sia più conveniente proseguire l'attività consegnandola nelle mani dei dipendenti. «Non è certo il primo caso - commenta Salvatore D'Aliberti, segreatrio di Casartigiani - abbiamo avuto casi simili, finiti nel tritacarne perché la parrucchiera stava male e ha affidato il salone ad altri. Questa sentenza ci verrà in aiuto per rendere giustizia a casi aggravati poi da una crisi senza fine».
tratto da tribunatreviso.gelocal.it